Breaking bad, appunti in due parti
I FATTI
Walter White compie cinquant’anni. Festeggia in
casa, con il figlio e la moglie. Piccoli rituali domestici. Lo vediamo a tavola
e a letto. E ci si chiede come può Skyler (la giunone del professor W.)
essere incinta.
Seguono le sequenze a scuola e all’autolavaggio,
ovunque ha la considerazione di una mosca. Sfottuto in classe, impotente a
casa, vessato sul secondo lavoro.
Ma casa White è ancora libera da ipoteche, la
piscina sul retro è pulita e piena. Walter junior è all’ultimo anno di college.
Il cielo è sempre terso vicino al deserto.
A parte quando ti diagnosticano un cancro e un buonuscita
di sei mesi.
E il povero Walter – promettente chimico di
successo caduto nella disgrazia dell’insegnamento – afferra il bagaglio senza fondo
della propria frustrazione e lo rovescia sul prossimo. Inizia a cucinare
metanfetamina per pagare le spese future della famiglia.
Per farlo cambia faccia, si rade il capo e dà la
stura al proprio personale mister Hyde (aka Eisenberg). La potenza logica e le competenze
scientifiche lo promuovono nel mondo della droga. Il resto lo fanno
l’insoddisfazione e la deregulation etica della condanna a morte. Con il
procedere degli episodi si affila la sua doppiezza, Walter sposa la corruzione
e la disonestà senza riserve.
Affonda le mani nel male necessario che si
riproduce intorno al suo laboratorio – impara
a uccidere, mentire e fottere. Il cancro nel frattempo si argina, ma invece di
appendere la toque al chiodo White incrementa la produzione, uccide per la
seconda volta, manipola il giovane socio e scioglie gli avversari nell’acido.
COSA CREA DIPENDENZA IN QUESTA SERIE?
Lo spettatore assiste alle trasformazioni del
protagonista, gli equilibrismi che gli permettono di tenere in piedi su funi
sottili e parallele la sua doppia vita. Lo vediamo dimesso e accondiscendente a
casa e poco dopo strangolare a morte un uomo legato a una trave. Il bene e il
male che coesistono. Quasi lo proviamo, il male, grazie al personaggio che
mantiene la propria immagine di brava persona impedendo un completo distacco.
Non è mai il cattivo con cui lo spettatore consolida la propria coscienza per
contrasto.
Ammorba vedere come stanno insieme situazioni di
ordinaria routine e crimine. Ci hanno abituati ad ‘assistere’ da vicino a buona
parte dei mali del mondo, ma ormai fanno poco effetto. Consumiamo periodicamente
decine di morti via cavo senza battere ciglio, vedere immagini di fosse comuni
e cadaveri ammucchiati non cambia granché, l’obiettivo può avvicinarsi quanto
vuole, ma senza risultati.
Diverso quando possiamo inocularci nella dimensione
privata del disastro, lì va meglio. In Breaking
bad funziona così. Il cortocircuito tra la norma e la prevaricazione crea
la tensione necessaria – oltre a ingenerare quel senso d’angoscia che percorre
sotterranea tutta la serie. Angoscia che si nutre appunto della presenza del
cancro all’interno di un organismo sano, del male come minaccia latente sempre
sul punto di esplodere e disgregare la coesione della famiglia.
In più la seconda vita di Walter è giustificata,
implora perdono e identificazione. È la rivalsa dell’uomo sulla società che
l’opprime. L’emergenza personale (il cancro) sbaraglia i residui di moralità e
autorizza la vendetta delle proprie miserie esistenziali. Troppo facile
perdonare l’eccezione e schierarsi dalla sua parte – almeno all’inizio.
MALE IN SVENDITA
L’appeal dell’idea iniziale però si esaurisce in
pochi episodi e la sceneggiatura inizia ad avvitarsi intorno a sé stessa. Con
volute articolate e regia spettacolare, ma incapace di mascherare la diaspora
dei significati.
La parabola del professore e la sua dedizione al
male rimangono sul posto, integrati al racconto ma sterili. Sembra di essere in
un gioco di ruolo, ogni elemento ha la sua funzione, l’importante è non
chiedersi il perché.
White cucina meth, accumula soldi e tiene testa al
nuovo cartello per cui lavora. Deve rimettere insieme i cocci della sua
famiglia e nascondere alla società e a suo cognato l’attività illecita.
Inoltre la sua dedizione al male non è credibile, come
può un uomo che ha condotto fino a cinquant’anni un’esistenza senza macchie,
uccidere a mani nude e tornare a sorridere a colazione con i figli?
Il cognato poliziotto è stato promosso grazie alla
maxi indagine sulla stessa metanfetamina che produce Walt, ma non è ancora
riuscito a dare un volto ad Eisenberg (nonostante mangi spesso alla sua tavola, e questo è un altro spicciolo fattore di suspense).
Jesse Pinkman galleggia in un liquido amniotico, in
attesa che qualcuno lo coinvolga nuovamente nella trama. Il suo percorso nel
complesso è più coerente. Gli autori appuntellano la sua fragilità a diverse
figure padre, prima Walter da cui è circuito e umiliato, poi Fring e Mike
(rispettivamente il capo del cartello e il suo braccio destro) che lo
riabilitano iniettandogli massicce dosi di sicurezza. Anche a lui però capita
di dover sciogliere nell’acido cadaveri e la ripresa della sua coscienza in
quattro puntate e una settimana di rave, vanifica la memoria dell’inferno di Raskolnikov.
Skyler ripulisce i soldi Walt ma al contempo lo
odia, spera in una ricaduta del cancro e si è compromessa suo malgrado incapace
di abbandonarlo. Era pensata per reggere coscienza e rettitudine di casa White,
ma soccombe. Il personaggio tiene, mentre insostenibili sono i confronti col
marito. Per la parte tra le mura domestiche sembra sia stata assoldata la
squadra di produzione di una soap anni ‘90. I dialoghi sono legati da un tono
drammatico che rasenta la stupidità e i personaggi hanno maschere di
sbalordimento e sofferenza da inebetimento cronico.
Gli attori comunque sono bravi e la regia
accattivante. Ma il tutto rimane un passatempo sterile.
Possibile che la corruzione di Walter sia fine a se
stessa? Tutti gli sforzi per tenere in piedi la sua doppia personalità e
continuare a seguire il suo percorso devoluti all’enterteinment?
Se tollerate un link spericolato pensate al
protagonista di Resistere non serve a
niente (l’ultimo romanzo di Walter Siti). La socializzazione con lo
spietato bankster permette al lettore di inoltrarsi nei retroscena del mondo
della finanza. La sua corruzione – e di riflesso quella del lettore – è
consustanziale alla descrizione di un universo corrotto.
In Breaking
bad invece il male è il soggetto del gioco di ruolo.
Posso dire una cosa? Skyler è una scassa palle!!!
RispondiEliminaQualche riflessione:
RispondiEliminaho trovato molto interessante una descrizione della trama abbastanza scarna, per dare più spazio a quelle che sono invece le sue incoerenze o le sue qualità.
Le serie tv, penso siano infatti un tubo catodico di stereotipi e modelli di pensiero, le persone le guardano ricercando un passatempo ma al contempo assorbendo le capacità o incapacità critiche dei personaggi su temi vitali, siano essi sociali o interiori.
Le serie, nostro malgrado, sono veicoli culturali molto forti e sviluppare trame che giocano su contenuti come la dicotomia tra il bene o il male, l'accettazione della morte, il conformismo famigliare, la vendetta sociale, la svalutazione di un'etica collettiva, senza un'enorme coscienza dei messaggi veicolati è o tremendamente superficiale o un crimine (magari lo fosse…reato d'incompetenza).
Purtroppo i commenti sono sempre basati sulla capacità di intrattenere, divertire, emozionare lo spettatore e raramente sui contenuti.
Quest'ultima è più un'impressione, visto che non leggo quasi mai delle critiche televisive.
Rimane che il tuo commento va, a mio parere, nella direzione opposta e per questo mi pace molto. Nella pigrizia di uno spettatore, me compreso, trova poco spazio la voglia di interrogarsi sul 'sottosuolo' che regge il racconto (Dostoevskijanamente parlando). Invece, questa voglia critica, dovrebbe essere inculcata a partire dalle scuole!
Senza leggere 'male in svendita', avrei certamente cercato di vedere la serie. La descrizione che ne fai è intrigante e stimola curiosità.
'male in svendita' è la parte che completa il tutto, è quello che tante volte, guardando una serie o un film, percepisci ma non riesci a chiarirti, l'idea che senti ma non riesci a esprimere.
Inoltre, passando da quello che rende la serie un'ottima 'droga', a come questo attaccare l'emotività dello spettatore non abbia una sua profondità, rende il raffronto ancor più impietoso.
un appunto:
per chi non ha visto la serie, non si riesce ad inquadrare bene chi siano Jesse Pinkman e Skyler.
Samuele